Il Cloud, Luogo Non Luogo.

IT - 22 06 2014 - post - Mauro Abba  /  La realtà "reale" dell'impalpabile Cloud.



1 - Nelle mie recenti conversazioni con clienti e amici, mi risulta sempre complicato fare comprendere l'idea del "cloud"

termine che è venuto sempre più d'uso comune, e che porta con sé una serie di implicazioni su cui vale la pena soffermarsi.

"Cloud" come si sa significa "nuvola"[1] .
Ossia: qualcosa di etereo e immateriale che sta “in alto”, sopra le nostre teste, nel cielo lontano.

La metafora riporta però più direttamamente all'idea di uno spazio "altro", posto in uno luogo "altro", immateriale (e lontano) e capace di contenere l'immaterialità (apparente) dei byte che compongono i nostri files.

Come si vede: immaterialità di spazio, luogo e contenuto.
Nulla perciò di più efficace dell'idea di "nuvola".
Ma questa "nuvola" è davvero poi così immateriale come la immaginiamo?
E perché poi la immaginiamo così?

2.

Ogni volta che ci colleghiamo a un "cloud" (le sue declinazioni sono molte) in realtà ci colleghiamo ad un computer posto - molto fisicamente - in un qualche luogo del nostro pianeta sempre più piccolo e iper-inter-connesso.
Qualche tempo fa il colosso Google - che nel cloud ha investito da subito straordinarie risorse -  ha pubblicato sul suo blog aziendale un interessante post che mostrava (solo) alcuni dei propri "data centers" sparsi per il mondo [2]. E poco dopo apriva un intero sito, dal titolo "dove batte il cuore di internet" [3].
Il "cuore".
L'immaterialità della nuvola si trasforma nella carnalità del cuore.
E in effetti è stupefacente scoprire che internet - l'immateriale internet - non è che una miriade di macchine server diligentemente ordinate, il cui numero è ad oggi incalcolabile. Macchine: nella loro pesantezza e asciuttezza, tonnellate di silicio e circuiti, hard disk e cavi di connessione.
Questo è l'immateriale web e l'etereo cloud.

3.

Al di là delle considerazioni fisiche, resta però il fascino della metafora.
Il cuore di internet è una nuvola che sta dappertutto. ...Meraviglioso!

L'idea del cloud infatti ha permesso di rendere immateriale e perfino poetica la pesantezza (e in alcuni casi bruttezza) delle macchine-computer.
E grazie al cloud, il web dell'era "post-facebook" ha conquistato la poesia dell'immaterialità.

Ma mi preme sottolineare altri due concetti che sono a mio parere i più importanti.
L'idea di "sempre presente".
E l'idea di "ovunque".
4.

Il cloud è sempre presente.
L'idea di "sempre presente" attiene al concetto di tempo. Che come si sa è il concetto di tempo è l'idea più soggettiva che esiste. Il flusso del tempo è dato dalla percezione e dal contesto in cui viene vissuto.
Il cloud permette nelle sue molte implicazioni di spostare la soggettività del tempo in una dimensione che si sottrae al suo stesso flusso.
Mi spiego meglio entrando nell'utilizzo pratico.
Grazie al cloud abbiamo la possibilità di accedere ai nostri documenti, files, immagini, contratti, relazioni, pdf, audio, eccetera praticamente da qualsiasi computer dotato di una connnesione a internet. E di un browser web.

Questi due elementi sono fondanti. Connessione a internet e browser di navigazione.
I due strumenti permettono di accedere alla nostra "nuvola" privata (il "cloud service") e di visualizzare i documenti di cui sopra.
Non solo. Una volta effettuato l'accesso al nostro cloud personale possiamo modificare i documenti, salvarli, oppure inviarli, e condividerli con altri, amici, parenti, team di lavoro, il presidente della Repubblica, Obama, il nostro vicino di casa.
Un accesso diretto e immediato a tutti i miei files da qualsiasi computer. Anche non il mio!
Oppure da un tablet, da uno smart phone oppure da una consolle playstation.
Questa operazione di accesso ai documenti che compongono la mia vita (lavorativa e privata) - e qui sta il punto - può avvenire in QUALSIASI momento delle 24 ore che fanno un giorno. 7 giorni su 7. 365 su 365. Il tempo con la sua contingenza è annullato da questa possibilità di accesso "sempre presente" che la caratterizza.
Prima del cloud eravamo abituati ad accedere alla nostra vita lavorativa dal computer dell'ufficio. Cioè da QUEL computer. Quel computer che conteneva i dati del mio lavoro.
Poi l'avvento dei CD, dei DVD, delle chiavette USB e degli hard disk portatili ha iniziato il processo di alleggerimento dei files.
Trasportare una biblioteca intera dentro una chiavetta USB di pochi grammi. Meravilgioso!
Ma la realtà della biblioteca era vincolata alla presenza della chiavetta stessa, della materailità dell'oggetto.
Il cloud elimina ogni vincolo di presenza. Siamo nel tempo del "sempre presente".
Un sogno per i filosofi e un sogno per l'uomo qualunque.
Un sogno….

5.
La nuvola è poi dovunque.
La sua sempre presenza temporale è direttamente proporzionale alla sua sempre presenza fisica. L'accesso è il medesimo. Spazio e tempo. Tempo e spazio: SPARITI!
L'accesso è sempre disponibile e sempre più immateriale.... leggerissimo.
La nuvola è sempre con me, perché è la MIA nuvola, a cui accedo solo io. Di cui solo io (si spera...) ho accesso privato.
E' il MIO spazio-tempo individuale.
che si plasma sulle mie necessità, sui miei bisogni, e sui miei contenuti. In un certo senso "mi contiene", in quanto immagine di me, e del mio modo di operare. Mi rappresenta e mi porta in contenuto.
Mi sto perdendo nel reame del cloud.
Perchè il fascino di questa idea di cloud è grande, va da sé e si vede.
E le implicazioni di uso e di innovazione sono innumerevoli, oltre alla implicazioni filosofiche e di pensiero.
Il cambiamento di modo è infatti un cambiamento di paradigma di fruizione delle informazioni, sia in modo verticale che orizzontale.
Ne deriva anzi una profondità impensabile prima d’oggi. Un cambiamento di paradigma funzionale che modifica le modalità operative, di interazione e creative.
Ciascuno di noi, anche chi non opera nel settore della comunicazione in senso ampio, oggi DEVE fare i conti con questo nuovo strumento operativo. Che modifica - come abbiamo cercato di dimostrare - nel profondo il nostro modo di comunicare, pensare, creare e perchè no essere.

 

 


approfondire:
Sulla terminologia della parola “cloud” e delle sue implicazioni nell’uso comune. 

Per entrare nei Google data centers

Il giornalista Americano Andrew Blum, un giorno, mentre lavorava sul suo laptop a Brooklyn, si accorse che la sua connessione a Internet aveva smesso di funzionare.

Blum si rese conto in quel momento che internet era tutt'altro che etereo: in realtà era qualcosa di molto concreto, una rete globale di tubi che contengono cavi e fibre lungo le quali impulsi luminosi trasportano le informazioni tra i miliardi di dispositivi che fanno funzionare internet. Decise di mettersi alla ricerca del vero Internet. Dalla sua ricerca è nato un libro straordinario nel quale si racconta come ogni e-mail o pagina Internet non compaiano magicamente dal nulla ma vengano da località molto concrete...

vedi : Tubes: A Journey to the Center of the nternet Paperback by Andrew Blum  (Author)  English